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Imprese minori tra strumenti di allerta, misure protettive e premiali

Aggiornamento: 27 apr 2021

Il sistema di allerta introdotto dal nuovo Codice della crisi dell’impresa e dell’insolvenza, ha risvolti anche per le imprese minori e non assoggettabili alla liquidazione giudiziale che, all’esito della segnalazione all’Ocri, dovranno rivolgersi agli Occ per avviare la procedura di composizione assistita della crisi.


L’articolo 3 del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, D.Lgs. 14/2019 entrato parzialmente in vigore lo scorso 16 marzo 2019, prevede taluni doveri in capo al debitore in ragione della forma giuridica adottata, non anche delle dimensioni dell’attività svolta: non vi è dubbio che, le modifiche al codice civile già entrate in vigore, obbligano gli imprenditori a dotarsi di un assetto organizzativo, adeguato alla natura e alle dimensioni, in funzione della tempestiva rilevazione della crisi di impresa e della continuità aziendale onde adottare misure idonee al suo superamento.


L’obiettivo del Legislatore è ancor più evidente in materia societaria: la novella interessa infatti anche tutte le imprese collettive, quindi anche le società “minori” per dimensioni, che subiscono gli effetti derivanti dall’obbligo di adozione di un assetto organizzativo adeguati ai sensi del nuovo articolo 2086, cod. civ..


Come è noto, al fine di rilevare tempestivamente la crisi o l’insolvenza definitiva, la riforma introduce un complesso sistema di indicatori e strumenti di allerta utilizzabili dagli organi di controllo interno o dai creditori pubblici qualificati.


Gli strumenti di allerta e la segnalazione del creditore pubblico qualificato


Tali strumenti di allerta, previsti all’articolo 12, comma 7 del Codice, sono di fatto estesi anche alle imprese minori che, ancorché non assoggettate alla “assistenza” dei nuovi organismi di composizione della crisi da costituirsi presso le CCIAA, potranno continuare ad adire i rinnovati istituti del sovraindebitamento. Gli Occ sono stati introdotti per la prima volta nel nostro ordinamento, con la L. 3/2012 che li chiamava a gestire la fase di composizione della crisi dei soggetti, persone fisiche e persone giuridiche, non assoggettabili alle procedure concorsuali. È noto che la riforma, quanto ai sistemi di prevenzione della crisi economica e finanziaria, ha introdotto un complesso insieme di norme volte a far emergere tempestivamente i segnali di crisi economica o finanziaria di tutti i soggetti che operano nel sistema economico, e, nel contempo, verificare le opportunità di risanare tali trend negativi, in favore della continuità di impresa e con lo scopo di attenuare gli effetti nefasti del dissesto sul più ampio tessuto socio economico.


A tal fine, il Legislatore ha introdotto strumenti e misure atte alla rilevazione degli stati di crisi, anche prospettici, che consentano la tempestiva rilevazione e il contestuale ricorso a procedure di composizione. Gli strumenti di allerta e gli indicatori della crisi descritti dagli articoli 12 e ss. del Codice – che ancor prima della entrata in vigore prevista il prossimo 15 agosto 2020 sono già oggetto di un decreto correttivo-, sono a disposizione degli organi di controllo societari e dei creditori pubblici qualificati. Essi sono gravati, ove ne ricorrano le condizioni, dall’obbligo di effettuare una segnalazione agli Ocri territorialmente competenti.


Pur tuttavia, non avendo le imprese minori alcun obbligo di nomina degli organi di controllo interno (facoltativi per le società entro la soglia dettata dal novellato articolo 379 del Codice che ha modificato l’articolo 2477, cod. civ.) ovvero l’impossibilità di effettuarla per carenza di una norma che lo consenta, il sistema di segnalazione si limiterà a quello attuato dai creditori pubblici qualificati, id est l’Agenzia delle entrate-Riscossione o l’Inps. Tali organi, infatti, saranno tenuti a segnalare ai nascenti Organismi di composizione presso le CCIAA, i sintomi di una potenziale crisi aziendale derivante dal mancato pagamento di imposte, tributi, contributi e simili per un ammontare pari a quello indicato dal Legislatore, senza preventivamente sapere se il debitore sia sottoponibile o meno alla liquidazione giudiziale.


Tale è la conclusione che deriva dalla lettura dell’articolo 15 del Codice che prevede l’obbligo di segnalazione come segue:

− con riferimento all’Agenzia delle entrate: quando il debito scaduto e non versato per l’Iva sia pari ad almeno il 10% (così come modificato nella bozza di decreto correttivo attualmente in circolazione che riduce l’attuale percentuale pari al 30%) del volume d’affari del medesimo periodo e non sia inferiore a 25.000, 50.000 o 100.000 euro in caso di volume d’affari dell’anno precedente rispettivamente pari e fino a 2.000.000, a 10.000.000 e oltre 10.000.000 di euro;

− con riferimento all’Inps: quando il debitore sia in ritardo di oltre 6 mesi nel versamento di un importo dei contributi previdenziali superiore alla metà di quelli dovuti nell’anno e comunque oltre la soglia di 50.000 euro;

− con riferimento all’Agenzia delle entrate-Riscossione: quando i crediti complessivamente affidati per la riscossione, scaduti da oltre 90 giorni, siano superiori a 500.000 euro per le imprese individuali e a 1.000.000 di euro per le imprese collettive.

Il Legislatore, nel silenzio della norma, ha inteso stabilire le medesime soglie di segnalazione sia per le imprese assoggettabili alle procedure concorsuali del Codice della crisi, sia per quelle minori; si impone, pertanto, la riflessione circa la necessità di soglie di debito o tempistiche di segnalazione distinte, e tuttavia la riforma guarda alla finalità di scongiurare il dissesto di tutti i soggetti allocati nel sistema economico e di indurre i meno accorti, a utilizzare gli strumenti a disposizione. Sul piano pratico, però, tale scelta pone qualche dubbio sulla sua effettiva adozione nonché, come si vedrà in seguito, anche sulla applicabilità o meno delle misure protettive e premiali previste per tutti gli altri soggetti.


Nel caso specifico, le norme prevedono che, manifestatasi la fattispecie che obbliga la segnalazione, il creditore pubblico qualificato informerà il debitore, con provvedimento notificato a mezzo pec o raccomandata A/R, concedendo termine di 90 giorni per la regolarizzazione della posizione debitoria, anche mediante istanza di rateizzazione.


La convocazione del debitore dinanzi all’Occ


Scaduto il termine senza alcuna regolarizzazione o rimozione della causa, la segnalazione sarà inoltrata all’Ocri per i provvedimenti conseguenti. Il referente dell’organismo, acquisita la segnalazione, ove verifichi che essa riguarda impresa qualificabile come minore – in ragione dei valori del bilancio di esercizio o contabili meglio elencati alla lettera d), comma 1, articolo 2 del Codice – ovvero agricola, dichiarata l’incompetenza dell’organismo adito dal creditore a gestire la crisi, dovrà semplicemente convocare il debitore innanzi all’Occ (da quest’ultimo indicato oppure a uno di quelli competenti per territorio sulla base di un criterio di rotazione) per avviare il procedimento di composizione della crisi dinanzi a tale ultimo organo.


Tale aspetto della procedura di allerta pone rilevanti interrogativi non solo sulla potenziale efficienza del sistema, ma anche sul piano giuridico, che paiono rilevanti attesi i nuovi strumenti premiali e protettivi. Sul piano procedurale è evidente che una parte rilevante delle attività degli Ocri, potrebbe riguardare la gestione di un flusso di segnalazioni relative a casi di “crisi” dell’impresa rilevatasi “minore” e legata al mancato pagamento di tributi e contributi; in tali casi gli Ocri si troveranno a effettuare una mera attività istruttoria propedeutica a quella degli Occ; questi ultimi avranno poi il compito di comporre la crisi mediante i tipici istituti del sovra indebitamento già conosciuti con la L. 3/2012 e oggi profondamente rinnovati alla luce del nuovo Codice.


Certamente tali organismi riceveranno nuova linfa dalla gestione delle segnalazioni obbligatorie testé descritte, ben oltre le attuali competenze di gestione delle istanze di composizione “volontaria” del debitore. È opportuno interrogarsi fin d’ora sulla opportunità di siffatta inutile duplicazione di passaggi, rischiosi per la tenuta e l’efficienza del sistema: la stessa Banca d’Italia si aspetta, a regime, richieste di accesso alle procedure negoziali di composizione della crisi e di esdebitazione per un valore prossimo alle 150.000 per anno. Peraltro, il Legislatore non ha chiarito con quali risorse gli Occ dovranno gestire le segnalazioni promananti dagli omologhi organismi costituti presso le CCIAA. La norma infatti regola le spese di funzionamento dei soli Ocri (articolo 351, comma 2 del Codice) i cui costi fissi saranno coperti mediante il versamento dei diritti di segreteria determinati in forza dell’articolo 18, L. 580/1993 (come modificato dal D.Lgs. 219/2016), mentre gli Organismi di composizione di cui alla L. 3/2012, si ritroveranno a gestire tali segnalazioni senza alcun contributo erariale, con l’effetto ulteriore di far gravare tali oneri sugli enti che li hanno costituiti, in primis gli Odcec, avvocati e notai che li compongono per la maggior parte.


Gli strumenti protettivi per l’impresa minore che accede alle procedure di sovraindebitamento


Va segnalata, perché di rilievo sistematico, la possibilità per l’impresa minore in allerta di ricorrere agli istituti protettivi e premiali introdotti dalla novella. Le misure protettive sono già previste nella L. 3/2012 e operano, anche in assenza di espressa richiesta della parte, nelle more del procedimento di omologa dell’accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti da presentare con l’ausilio degli Occ (id est il nuovo “concordato minore” illustrato dall’articolo 74 e ss. del Codice). L’impresa minore, come pure ogni altro debitore assoggettabile alla procedura, dopo il deposito del ricorso per l’omologazione del piano (articolo 9, L. 3/2012), beneficia dell’inibitoria all’inizio o alla prosecuzione delle azioni esecutive individuali, dei sequestri conservativi, all’acquisto di diritti di prelazione sul patrimonio del debitore che ha presentato la proposta di accordo, da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore, a eccezione dei crediti impignorabili. Ciò sotto pena di nullità delle azioni e sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo. Tali misure protettive, nella attuale formulazione della norma sul sovraindebitamento, operano d’ufficio tanto che, per espressa previsione di legge, il giudice le dispone con proprio decreto anche in assenza di esplicita richiesta del debitore. Viceversa, le medesime misure cautelari atte alla conservazione del patrimonio del debitore istante per la composizione della crisi del nuovo istituto del concordato minore, pur attuate con il medesimo decreto, operano solo se espressamente richieste dal debitore.


Orbene, nei 2 casi descritti, non sembrano palesarsi rilevanti differenze sul piano sostanziale. La differenza è meramente procedurale atteso che, mentre allo stato attuale operano d’ufficio, in futuro il debitore dovrà richiederne l’applicazione al deposito della domanda. Siffatta modifica nulla varia rispetto alla detta segnalazione: laddove la procedura abbia incipit per effetto della attività del creditore pubblico qualificato all’Ocri, le misure potranno essere comunque invocate laddove il debitore, con l’ausilio dell’Occ, depositerà in Tribunale la proposta di accordo, contenente anche la richiesta di provvedimento cautelare, al fine di beneficiare della sospensione delle azioni esecutive. Tale parrebbe essere la soluzione prospettata da una prima e immediata lettura del testo che, infine, non pone particolari problemi interpretativi. Sia che la composizione abbia origine da una segnalazione pervenuta all’Ocri, confluita nel piano predisposto con l’ausilio dell’Occ, sia che l’iniziativa promani dall’azione tempestiva del debitore, siffatte misure opereranno solo al deposito del piano in Tribunale. In verità, però, è necessario riflettere sugli effetti del richiamo operato nel testo dell’articolo 17, comma 6 del Codice laddove dispone il rinvio da parte del referente dell’Ocri dinanzi all’omologo organismo per il sovraindebitamento.


Giunta la segnalazione al referente dell’Ocri da parte del creditore pubblico qualificato, il procedimento cui il Legislatore rimanda, a svolgersi dinanzi all’Occ, parrebbe non essere quello del sovraindebitamento testé descritto (procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento) che prevede, per l’appunto che le imprese non assoggettabili alla liquidazione giudiziale possano beneficiare delle misure cautelari mediante ricorso al concordato minore ex articolo 74 e ss. del Codice, bensì a quello generico di composizione assistita della crisi del Capo III dello stesso Titolo (articolo 18 e ss. del Codice).


L’improprio riferimento testuale apre scenari contrastanti; e, infatti, le misure protettive e cautelari invocabili dal debitore dinanzi all’Ocri, sono sostanzialmente diverse dai medesimi istituti sin qui illustrati, perché rispondono a criteri e modalità distinte. Esse, in presenza dei requisiti di legge e della documentazione elencata all’articolo 57 del Codice (fra la quale l’attestazione del professionista indipendente circa la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità economica e giuridica del piano) possono essere disposte mediante ricorso del debitore alla sezione specializzata del Tribunale delle imprese competente anche prima del deposito della domanda di omologa degli accordi di ristrutturazione (articolo 54, comma 3 del Codice); la previsione coesiste con la medesima funzione certificativa dell’Ocri circa la veridicità dei dati aziendali che a esso può essere richiesta dal debitore ai sensi dell’articolo 19, comma 3 del Codice. Il procedimento è certamente più complesso e oneroso, ma beneficia di una più puntuale normazione in quanto delinea espressamente compiti e ruoli di ogni attore ivi coinvolto. Diversamente la procedura dinanzi all’Occ cui è pervenuto il debitore per effetto della segnalazione e dell’attività del referente dell’Ocri, è molto scarna in quanto non prevede alcuna tempistica per la redazione della proposta ed è priva di ogni descrizione circa i compiti dell’organismo. Pertanto, ritenendo il richiamo letteralmente improprio tanto da doversi auspicare, nelle more della entrata in vigore, un correttivo, le misure cautelari per le imprese minori restano al momento solo quelle previste all’articolo 78, comma 2, lettera d) del Codice e non quelle dell’articolo 54 e ss. del Codice.


Le possibili criticità della gestione dei procedimenti di allerta in seno agli Occ


Prima di esaminare l’aspetto delle misure premiali, introdotte dall’articolo 25 del Codice, pare necessario evidenziare un ulteriore aspetto a tratti controverso che deriva dalla previsione di una procedura di allerta in capo all’Ocri per l’impresa minore. Se da un lato il Legislatore ha inteso sottolineare il profilo pubblicistico di tali organismi, enfatizzando il loro ruolo di presidi atti alla tutela del ceto creditorio – finanche abilitandoli a funzioni certificative e attestative dei piani di risanamento in luogo dell’attuale previsione degli istituti concordatari già presenti nella ultima riforma della Legge Fallimentare vigente-, dall’altro, nei casi di convocazione dinanzi all’Occ, non ha regolamentato quest’ultima procedura, limitandosi a una forma di restyling della legge sul sovraindebitamento.


Manca, infatti, al momento qualsiasi disposizione che regolamenti la procedura di nomina del gestore (o anche dei più gestori attesa la necessità di colmare distinte attività spesso incompatibili fra loro; si pensi alla funzione pressoché consulenziale nella predisposizione del piano ovvero quella attestativa), l’eventuale concessione di un termine al debitore per la redazione della proposta o la produzione dei documenti atti alla sua redazione e, in ultimo, ma non per importanza, l’operatività delle misure protettive solo ed esclusivamente al momento della emanazione del decreto giudiziale di ammissione alla procedura. Non è immediatamente intellegibile la motivazione che ha indotto il Legislatore a prevedere l’intervento delle misure protettive in favore della impresa assoggettabile alla liquidazione giudiziale prima del deposito del definitivo piano o dell’accordo di ristrutturazione, attuato con l’intervento giudiziale richiesto nella fase di elaborazione della proposta dinanzi all’Ocri, rinviando l’applicazione del medesimo istituto in favore dell’impresa minore alla fase che segue il decreto giudiziale di ammissione, per il quale è propedeutica ed essenziale l’attività richiesta all’Occ. Una delle chiavi di lettura potrebbe essere rappresentata dall’intento del Legislatore di “economizzare” i costi delle distinte procedure, individuando in quelle gestite dagli organismi del sovraindebitamento, come meno onerose in funzione della riconoscibilità di tali enti come presidio sociale e di fondamentale importanza per consumatori, imprese minori e altri soggetti non sottoposti alle procedure concorsuali maggiori.


V’è però da sottolineare che l’adozione di strumenti volti a tutelare il patrimonio del debitore minore in crisi, tempestivo nel richiedere l’assistenza dell’Occ, prima del decreto giudiziale di ammissione della proposta, rappresenta un momento essenziale e ancillare al buon esito delle procedure. A tal fine è auspicabile un intervento chiarificatore che consenta alle misure cautelari per le imprese minori di venire in essere già nella fase stragiudiziale dinanzi agli Occ, anche al fine di garantire parità di accesso a tutte le imprese anche in ragione della medesima assoggettabilità all’identico meccanismo di segnalazione.


Sulla potenziale applicazione delle misure protettive


Se, quindi, sul profilo delle misure protettive, fatte salve le differenze procedurali descritte, vi è una comunione di intenti del Legislatore sulla loro rilevanza tesa a garantire appeal alle procedure di composizione della crisi, maggiori perplessità si riscontrano circa la possibilità di applicare al sovraindebitamento, le c.d. misure premiali, come descritte all’articolo 25 del Codice. Ora se si parte dal presupposto che il richiamo dell’articolo 17, comma 6 del Codice al procedimento di composizione della crisi per l’impresa minore sia solo ed esclusivamente quello del sovraindebitamento, diviene chiaro che le misure premiali previste per il debitore che propone tempestivamente la domanda di accesso a una delle procedure regolate dal Codice, siano appannaggio solo di quest’ultimo e non dell’impresa minore. Tali misure, inoltre, riguardano solo ed esclusivamente il debitore che tempestivamente ricorre agli strumenti di composizione. L’articolo 25 del Codice espone quando l’azione si considera tempestiva.


È tempestiva l’istanza pervenuta, alternativamente, quando: esistono debiti per retribuzioni scaduti da almeno 60 giorni per un ammontare complessivo pari a oltre la metà dell’ammontare totale mensile delle retribuzioni; esistono debiti verso fornitori scaduti da almeno 120 giorni per un ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti; nell’ultimo bilancio approvato siano stati superati gli indicatori della crisi e comunque per oltre 3 mesi.


Orbene la tempestività premia consentendo all’imprenditore di beneficiare, anche cumulandole fra loro, di riduzioni sul debito tributario, di proroghe fino al doppio dei termini per il deposito della proposta di concordato preventivo o di accordo di ristrutturazione dei debiti, della esclusione della proposta di concordato preventivo in continuità aziendale concorrente se l’attestazione del professionista indipendente assicura il soddisfacimento del ceto creditorio per la misura non inferiore al 20%. Altri istituti premiali emergono sul piano penale quanto ai reati connessi all’imprenditore in liquidazione giudiziale. Siffatte “agevolazioni” non possono essere tout court estese all’impresa minore proprio perché manca un riferimento esplicito alle stesse né il Legislatore ha inteso specificare la loro previsione, in caso di tempestivo ricorso all’Occ, limitando il richiamo al solo Ocri. Anche tale aspetto, induce una riflessione. L’esperienza giudiziaria degli ultimi anni ha mostrato, infatti, come, nel sovraindebitamento e nel ricorso alle procedure della L. 3/2012 da parte di imprese non assoggettabili

al fallimento e altre procedure concorsuali, l’assenza di misure protettive automatiche nonché la mancanza di misure premiali come quelle testé descritte per l’impresa minore che si attivi tempestivamente per la soluzione della crisi d’impresa, abbiano indotto una scarsa diffusione dello strumento. Nel contesto descritto dalla definitiva riforma, il debitore minore non avrà alcun incentivo ad attivarsi precocemente ai fini della soluzione della crisi, con l’effetto che molti casi assoggettabili alla composizione del sovraindebitamento, saranno tardivi ovvero senza possibilità di soluzione alternativa. Solo l’introduzione della possibilità per il creditore in pendenza di procedure esecutive individuali ovvero dal P.M. di avviare la liquidazione controllata del debitore imprenditore minore (id est l’attuale liquidazione del patrimonio volontaria o aperta a seguito di conversione di piani o accordi di cui alla L. 3/2012, confluita nell’articolo 268 del Codice, anch’esso oggetto a breve di parziale revisione) sarà l’unico monito a sostegno del tempestivo tentativo di risoluzione alternativa della crisi. Di contro, siffatta previsione normativa potrebbe certamente avere effetti dirompenti sullo sviluppo delle procedure di sovraindebitamento, laddove il debitore non abbia interessi a far emergere il proprio stato di crisi.


Tenuto conto del ruolo che avranno le segnalazioni dei creditori pubblici qualificati, sarebbe quindi in conclusione auspicabile la previsione di misure premiali, come quelle dell’articolo 25 del Codice, da applicare alle imprese minori tempestive. Laddove l’istanza del debitore all’Occ per la composizione della crisi sia considerata tempestiva secondo quanto stabilito dalle norme, e magari anche in ragione di una immediata applicazione dell’articolo 24 del Codice, sarebbe auspicabile anche per le imprese minori la possibilità di beneficiare di una riduzione automatica di interessi e sanzioni sul piano tributario, nonché l’estensione delle clausole di non punibilità per i reati nelle ipotesi in cui il danno cagionato sia di speciale tenuità.


In conclusione, l’emanazione del primo decreto correttivo al Codice della crisi, ancorché dalla lettura delle bozze in circolazione non pare che il Legislatore abbia optato per tale opportunità, potrebbe essere un’occasione utile e preziosa per intervenire su tali carenze della normativa sul sovraindebitamento.


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