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Contributo consortile: solo il beneficio fondario lo legittima

Aggiornamento: 27 apr 2021

I contributi dovuti ai Consorzi di bonifica integrale sono spesso percepiti dalla collettività come una tassa iniqua e con i tratti della vessatorietà atteso che essi gravano sulla proprietà di beni immobili a loro volta già oggetto di un notevole incremento della tassazione negli ultimi anni. Gli importi richiesti ai contribuenti, poi, seppur di modico valore, non sono immediatamente percepiti come una entrata tributaria obbligatoria per il finanziamento delle attività istituzionali che il consorzio deve svolgere. V’è altresì un limite oggettivo alla tutela che riposa nella difficoltà per i contribuenti di intraprendere un contenzioso non solo complesso, ma anche dall’incerto esito attesi i diversi orientamenti adottati negli anni dalle commissioni tributarie.

Al fine di individuare correttamente i profili di legittimità di siffatti contributi è necessario, anche con brevità, individuarne il procedimento di formazione.


Gli enti territoriali preposti alla bonifica integrale, costituiti in forza di norme ancora vigenti e risalenti all’inizio del secolo scorso, sono tenuti alla difesa del bacino idrogeologico del territorio di competenza, mediante la realizzazione e manutenzione delle opere che garantiscono un beneficio, seppur indiretto, alla collettività di un determinato comprensorio. Da ciò deriva che, al fine di reperire le risorse per finanziare siffatte attività, i proprietari dei beni ricadenti nell’ambito, sono tenuti al pagamento di un contributo avente natura tributaria, in misura pari agli indici di contribuenza calcolati nei piani di classifica di cui l’ente deve preliminarmente dotarsi per poter richiedere il pagamento.


I piani particolareggiati, approvati dall’ente, sono oggetto di una ratifica della Regione secondo l’iter stabilito dalle norme che li regolamentano. Laddove il Consorzio non si sia dotato di un piano o esso non abbia avuto la necessaria ratifica dall’ente sovraordinato, non esisterà un legittimo titolo per il contributo.


Un altro aspetto di non poca importanza è però quello legato al beneficio fondiario: l’ente deve perseguire i propri scopi istituzionali, garantendo, seppur in maniera indiretta un beneficio fondiario ai proprietari interessati. Tale assunto è di basilare importanza tanto che la Corte Costituzionale ne ha sancito l’obbligatorietà, con la recentissima sentenza numero 188 del 19 ottobre 2018, pronunciata a seguito della istanza della Commissione Tributaria di Cosenza circa la legittimità della legge regionale Calabria numero 11/2003. La pronuncia ha riguardato la incostituzionalità dell’art. 23 comma 1 lett. a) della norma regionale calabrese con la quale si prevedeva che il contributo fosse dovuto indipendentemente dal beneficio fondiario. La Corte ha invece stabilito che tali contributi, seppur aventi natura tributaria, sono oggetto della limitazione dell’art. 119 Cost. sul principio di coordinamento della finanza pubblica.


Pertanto essi, pur assurgendo alla tipica imposta di scopo che non possiede il requisito della corrispettività rispetto ad una specifica e diretta attività, derivano necessariamente dal beneficio di cui gode il consorziato-proprietario “che consiste non solo nella fruizione, ma anche nella fruibilità, comunque concreta e non già meramente astratta, dell’attività di bonifica che, in ragione del miglioramento che deriva all’immobile del consorziato, assicura la capacità contributiva che giustifica l’imposizione”. Ne discende quindi che i contributi richiesti dai consorzi di bonifica devono essere richiesti in forza di piani di classifica formalmente vigenti e che prevedano, seppur con il principio dettato dalla Corte, un beneficio per i proprietari dei beni ricadenti nel comprensorio. Laddove tali requisiti non siano rispettati, essi saranno illegittimi ed il contribuente potrà adire le vie giudiziarie per evitare il pagamento.


(Pennisi&Partners – Riproduzione Riservata)



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